liberta-di-stampaSi apre questa mattina Merano Wine Festival. Come tanti altri giornalisti e wine blogger, quest’anno ho deciso di non metterci piede. Gli eccentrici criteri che la regia dell’evento si è inventata per selezionare l’ingresso di chi si occupa di comunicazione, assomigliano molto da vicino ad un guinzaglio corto messo al collo di chi scrive. Raccontano di come si stia evolvendo, in questi anni di crisi, il rapporto fra mondo del vino e giornalismo. Dove il primo è sempre più tentato, e ormai lo fa apertamente, di chiedere al secondo, non un esercizio critico leale ma semplicemente quella che in gergo si chiama marchetta. O marchettona. A questo proposito, e così capirete meglio le ragioni che quest’anno hanno tenuto lontano da Merano tanti giornalisti, vi consiglio la lettura del post di Stefano Tesi, e dei relativi commenti, “Merano Wine: libertà di stampa? Pagare il biglietto!", pubblicato sul blog Alta Fedeltà.

Che fine ha fatto il Piano Vino che avrebbe dovuto, che dovrebbe, salvare la viticoltura trentina e non solo quella? Lo studio di dieci pagine – secondo le indiscrezioni costato dieci mila euro – realizzato dai quattro saggi (Enrico Paternoster, Emilio Pedron, Attilio Scienza e Fabio Piccoli), chiamati al capezzale del mondo del vino trentino dall’assessore Mellarini, è sparito dalla cronache. E forse anche dalle scrivanie di chi avrebbe dovuto almeno leggerlo e provare a metterne in pratica le ricette suggerite. Sono trascorsi giusto tre mesi da quando fu licenziato dalla giunta provinciale. Da quel 5 agosto, tuttavia, non se ne è più saputo nulla. Sarebbe interessante almeno sapere se è stato cestinato e perché. Non che le proposte all’insegna del “volemose bene” formulate elegantemente dai nostri magnifici quattro, avessero convinto qualcuno: sembrarono subito così scontate da apparire perfino pleonastiche. Basta leggere qualche post in rete, per rendersene conto: Vino al Vino e Winesurf, tanto per citare due blog autorevoli. O che almeno io considero tali. Tuttavia, la domanda resta. Che fino ha fatto il Piano Vino del Trentino?

Il testo del Piano Vino approvato dalla giunta provinciale il 5 agosto 2011


Pubblichiamo anche sul nostro blog, perché in buona parte ne condividiamo le ragioni, il video che riprende l’incursione degli attivisti di Cibo&Terra durante il convegno della Fondazione Mach dedicato al marketing del vino, tenutosi ieri a Trento.

Documento integrale dell’assemblea Cibo&Terra
Meno agroindustria significa più biodiversità, più salute, più benessere economico.
Migliorare il marketing non è una soluzione per l’agricoltura trentina

(fonte Globalproject) Il tema del convegno di oggi alla Fondazione Mach segnala che i poteri forti dell’agricoltura trentina e la politica provinciale continuano a muoversi in un’ottica di breve-medio periodo che privilegia il profitto immediato e non vogliono vedere le contraddizioni disastrose che in questo settore si stanno aprendo.
Si cercano nuovi sbocchi di mercato per la produzione vitivinicola eccedente del Trentino. E nemmeno si dice che presto il problema potrebbe riguardare anche la frutticoltura e la trasformazione casearia.
Ci si occupa del sintomo, si ignorano le cause della malattia. I mercati globalizzati sono inondati da sovrapproduzione di ogni settore e di molte aree geografiche che cerca sbocchi in tutti i modi. Questa sovrabbondanza – mentre non si traduce in distribuzione equa, anzi aggrava le povertà – costituisce un problema che si potrà superare solo con un modello diverso di produzione e di consumo e non con una competizione tra produttori sempre più esasperata, più logorante, più costosa, più incerta.
In agricoltura il Trentino da troppo tempo ha imboccato la strada delle monocolture industriali e dei distretti territoriali (mele, viti, piccoli frutti) inserendosi nelle logiche delle economie di scala che impongono il costante aumento della produzione per sopperire al minor utile. Si è depauperato sempre più il territorio con impattanti impianti intensivi e conseguentemente si sono ignorate le vocazioni territoriali, la tutela della salute (uso dei pesticidi di sintesi) e dell’ambiente e persino le richieste del mercato locale. Logiche che comunque opprimono gli stessi agricoltori (al di là dei vantaggi economici immediati: sovvenzioni, contributi; l’utile è sempre costantemente in calo) e li fa dipendere in modo ricattatorio da un sistema provinciale di sovvenzioni e di servizi che continua a mantenere un grosso apparato di interessi e di riproduzione del potere ma comincia a mostrare crepe vistose.
Abbandonare la diversificazione dei prodotti è stato un errore che non consente di guardare con tranquillità ad un futuro difficile. Il Trentino non è autosufficiente dal punto di vista alimentare: la popolazione accoglierebbe con favore la conversione della propria agricoltura al servizio del territorio, come dimostrato dal grande successo dei mercatini e dalle vendite aziendali dirette. E’ quindi necessario – prima che sia troppo tardi – invertire gradualmente la rotta prima di tutto attraverso un salto culturale capace di recuperare identità all’agricoltura trentina e poi, ovunque possibile, attraverso le azioni che rovesciano il segno del sistema: agricoltura di prossimità al servizio del consumo locale e dell’offerta turistica trentina, filiera corta, produzione di qualità (biologica, biodinamica), intesa con i consumatori, organizzazione dei gruppi di acquisto, con effetti positivi anche sotto il profilo della remunerazione del lavoro agricolo.
Non è una strada agevole ma è l’unica da percorrere per anticipare una crisi irreversibile i cui segnali sono evidenti. Occorrerà: mettere in discussione le strutture del potere economico di settore che si muovono con logiche non corrispondenti agli interessi collettivi; contrastare il pensiero unico dei tecnici che nell’agricoltura industriale – anche oggetto di manipolazioni genetiche – vedono sviluppo; imporre alla provincia una politica di sostegno strutturato ad un’agricoltura capace di fare qualità e non quantità e valorizzi il rapporto positivo con la natura, nel rispetto dell’ambiente e della salute dei residenti e degli stessi operatori agricoli.
Assemblea -Cibo&Terra-